[vc_row][vc_column][vc_column_text]Dall’avvento del vaccino per la cura del Covid, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha registrato circa 84.000 reazioni, di cui il 12,8% gravi, a cui seguono altrettante richieste per danno vaccinale contro le 700 di media degli ultimi 40 anni.
1. Cosa dice la normativa italiana
La Legge 25 febbraio 1992, n. 210 afferma all’art. 1 che “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.
L’indennizzo previsto e regolato dalla Legge n. 210/92 è riconducibile alle prestazioni poste a carico dello Stato per motivi di solidarietà sociale e per testimoniare l’interesse della comunità alla tutela della salute: esso prescinde e si discosta dall’eventuale risarcimento del danno sofferto in conseguenza del contagio.
Al contrario dell’indennizzo, il risarcimento è il ristoro che consegue a un atto illecito e quindi ad un’ipotesi di responsabilità civile che scaturisce da una condotta che la legge punisce. Quindi la differenza è che l’indennizzo è previsto in quei casi in cui un danno non viene causato da una condotta illecita (e quindi non vi sarebbe alcun obbligo di risarcire i pregiudizi creati), ma la legge, che dunque consente o addirittura impone quel comportamento costitutivo in quel caso di un danno, ritiene opportuno che il soggetto leso riceva comunque una somma per compensare una situazione (che rischierebbe di diventare) ingiusta.
2. Vaccinazione obbligatoria e vaccinazione raccomandata
La legge parla di vaccinazioni obbligatorie e non di vaccinazioni raccomandate, la normativa si estende anche a queste ultime?
A tal proposito la Cassazione ha adito la Corte Costituzionale sollevando dubbi di costituzionalità sull’art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione “nella parte in cui non prevede che il diritto all’indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge, spetti anche, alle condizioni ivi previste, a soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata“.
Nel frattempo la giurisprudenza tende a ricomprendere queste ultime nella tutela indennitaria applicando una interpretazione estensiva.
Questo perché la raccomandazione, benché lasci un (ristretto ovvero ampio che sia) margine all’autodeterminazione individuale, è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche) collettivo. Può persistere quindi una strettissima assimilazione tra vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni raccomandate. Ove vi sia una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò, di per sé, rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli.
La giurisprudenza della Corte afferma che “la ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo non risiede allora nel fatto che questi si sia sottoposto a un trattamento obbligatorio: riposa, piuttosto, sul necessario adempimento, che si impone alla collettività, di un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l’integrità psico-fisica derivino da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato che sia) effettuato nell’interesse della collettività stessa, oltre che in quello individuale” (Corte Cost. nn. 107/2012; 268/2017; 118/2020).
3. Il consenso informato
Il consenso informato non esclude dalla responsabilità. La Corte Suprema ha posto un orientamento preciso. “Il consenso informato, quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo id quod plerumque accidit, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo”.
L’imposizione della sottoscrizione di un esonero di responsabilità per eventuali danni cagionati dal vaccino anti-Covid è del tutto contraria alla disciplina prevista dalla legge nonché ai diritti costituzionalmente garantiti al singolo quali, in primo luogo, il diritto alla salute.
Pertanto, il modulo di cui si richiede la sottoscrizione per poter accedere alla campagna di vaccinazione contro il Covid-19 è da ritenersi contrario ai principi del nostro ordinamento e, quindi, nullo, nella parte in cui prevede un esonero di responsabilità in favore dell’azienda produttrice e del personale sanitario per eventuali reazioni avverse, danni a lunga distanza ovvero inefficacia della vaccinazione.
4. Conclusioni
Benché lo Stato abbia deciso, almeno fino ad oggi, di far leva sulla libera scelta di chiunque, espressa da una adesione (consenso informato), può dirsi che chiunque subisce danni dalla somministrazione del vaccino ha diritto ad un indennizzo. Ciò porta ad auspicare un imminente intervento legislativo che vada a riconoscere espressamente tale ristoro in favore di chi subisce pregiudizi da un vaccino non solo obbligatorio per legge ma anche fortemente raccomandato dall’autorità sanitaria, come è certamente quello relativo al covid. In caso contrario lo Stato dovrebbe allora assumersi la responsabilità della obbligatorietà del vaccino per Covid19.
Autore: Dott.ssa Martina Rapone
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