Ogni condotta colposa che interviene sul tempo necessario alla guarigione, pur non producendo un aggravamento dello stato di salute, assume rilievo penale ove generi una dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione e della stabilizzazione dello stato di salute. Questo presuppone quindi la responsabilità penale del medico.

Questo quanto emerge dalla Cassazione Penale n. 8613/2022.

1. Il caso

Il medico specialista oncologo veniva accusato di avere omesso di asportare alla paziente, per negligenza, imprudenza e imperizia e omissione delle linee guida, dei linfonodi maligni, aggravando il quadro clinico e patologico della donna, in particolare non effettuando la biopsia e l’esame istologico.

Tali omissioni cagionavano lesioni gravi alla paziente quali la sottoposizione ad un altro intervento impedendole così di attendere alle sue occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni. 

Il giudice di secondo grado riformava parzialmente la sentenza di condanna di primo grado emessa nei confronti dell’oncologo, in favore dell’imputato sostituendo la pena con quella pecuniaria e confermandola nel resto.

L’imputato proponeva ricorso contestando il rilievo delle linee guida quali semplici raccomandazioni e l’errore del giudice nella verifica del nesso di causalità tra l’evento e le omissioni contestate.

2. La cassazione

La Cassazione Penale con la sentenza n. 8613/2022 – Sez. 4, analizzava i motivi sollevati e rigettava il ricorso. La stessa sottolineava che il discostamento dalle linee guida da parte del medico non aveva riguardato solo il primo intervento, a cui non avevano seguito l’ago aspirato e l’esame istologico, ma anche il secondo in cui erano stati prelevati linfonodi inutili ai fini della verifica della presenza di metastasi, tanto che poi si era reso necessario un terzo intervento.

Si riteneva corretto il ragionamento della Corte in relazione al reato di lesioni addebitato al medico in conseguenza della grave condotta colposa, perché “ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce un aggravamento della lesione e della perturbazione funzionale, assume rilievo penale ove generi una dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione della stabilizzazione dello stato di salute.” 

Nel caso di specie, infatti, la regressione della malattia, si era verificata solo dopo il terzo intervento, per cui il prolungamento della condizione patologica della paziente era direttamente collegato alla grave imperizia durante i primi due interventi dato che le terapie successive al terzo intervento dovevano essere somministrate all’esito del primo se fosse stato correttamente condotto.

Venivano escluse la causa di non punibilità e la concessione delle attenuanti mentre veniva applicata l’aggravante per la stigmatizzazione della grave imperizia del medico, per la sua reiterazione in ben due occasioni e per la gravità del pericolo in cui versava la paziente, affetta da un carcinoma al seno molto aggressivo.

 

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