Il paziente danneggiato dal comportamento del proprio medico di famiglia potrà ottenere il risarcimento per responsabilità medica?
1. Il ruolo del medico di famiglia
Il cosiddetto medico di famiglia, tecnicamente definito “medico di assistenza primaria”, è colui che presta assistenza sanitaria sul territorio per conto del Servizio Sanitario Nazionale.
È colui con cui il paziente normalmente ha il primo approccio per problematiche di salute. Egli interviene autonomamente o, laddove la questione richieda approfondimenti o competenze specifiche, dirottando il paziente verso medici specialisti.
Quindi il medico di famiglia è un pubblico ufficiale che, “svolge l’attività per mezzo di poteri pubblicistici di certificazione, che si estrinsecano nella diagnosi e nella correlativa prescrizione di esami e prestazioni alla cui erogazione il cittadino ha diritto presso strutture pubbliche ovvero presso strutture private convenzionate” (Cass. n. 27988/2017).
La scelta del medico avviene attraverso elenchi tenuti dalle ASL, in forza di un rapporto di convenzionamento con i professionisti.
2. La responsabilità delle asl per le prestazioni rese dai medici di famiglia
I pazienti danneggiati dalla condotta del proprio medico di base possono agire per ottenere il risarcimento non solo verso lo stesso sanitario, ma anche nei confronti dell’ASL di appartenenza.
Infatti, la Legge n. 24 del 2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco), ha riconosciuto che le ASL rispondono dei danni cagionati a terzi dai medici convenzionati, prevedendo espressamente all’art. 7 comma II che “La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina”.
La Legge ha quindi recepito e fatto proprio l’indirizzo intrapreso dalla Cassazione con la sentenza n. 6243 del 27 marzo 2015 con la quale fu statuito che “L’ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell’art. 1228 c.c., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l’assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti secondo la legge”.La responsabilità della ASL trova allora il suo fondamento non in una culpa in vigilando ma, ex art. 1228 c.c., nel rischio insito nell’utilizzazione di terzi nell’adempimento di una propria obbligazione.
3. La responsabilità dell’esercente la professione sanitaria
La legge Gelli Bianco è intervenuta anche nel qualificare la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria come extracontrattuale ex artt. 2043 c.c. e ss. e quella della struttura sanitaria come contrattuale ex art. 1218 c.c. e ss.
In particolare, sempre l’art. 7 chiarisce che:
- l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente;
- la struttura sanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose o colpose.
Autore: Avv. Martina Rapone
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