- La norma e la vicenda
- La corte costituzionale
La Corte Costituzionale viene chiamata ad esprimersi sull’incostituzionalità della proroga del divieto di azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari durante l’emergenza sanitaria.
1. La norma e la vicenda
Con l’art. 117, comma 4, del “Decreto Rilancio” (D.l. n. 34 del 19 maggio 2020, conv. in L. 17 luglio 2020, n. 77) è stato introdotto, sino al 31.12.2020, il divieto di intraprendere o proseguire nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale azioni esecutive. Tale divieto è stato poi prorogato al 31.12.2021 dall’art. 3, comma 8, del D.l. 31.12.2020, n. 183 (c.d. “Milleproroghe”) conv. in L. 26 febbraio 2021, n. 21.
Nello specifico la norma recita:
“Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità dei predetti enti legate alla gestione dell’emergenza sanitaria e al pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021”.
Con ordinanza del 4 gennaio 2021, il Tribunale ordinario di Napoli sollevava questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 in riferimento agli artt. 24 (diritto di difesa) e 111 (durata del processo) della Costituzione.
Il Tribunale esponeva di operare quale Giudice dell’esecuzione in una procedura espropriativa a carico di un’Azienda Ospedaliera, instaurata con pignoramento notificato nel luglio 2019 in forza di una sentenza di condanna emessa nel febbraio 2018 avente ad oggetto il risarcimento del danno sofferto per la morte di un congiunto. Tuttavia, riteneva che l’ordinanza di assegnazione non poteva essere emanata poiché la normativa, nel contesto delle misure urgenti di gestione dell’emergenza sanitaria da COVID-19, prevedeva la sospensione delle azioni esecutive contro le Asl e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio Sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2020.
La medesima questione di legittimità veniva sollevata da altri Tribunali.
2. La corte costituzionale
La Corte costituzionale, con sentenza del 7 dicembre 2021, n. 236, ha:
- ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 117, co. 4, del D.L. 34/2020, il quale, al fine di far fronte all’emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19, stabiliva il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del SSN;
- dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, co. 8, del D.L. 183/2020 che disponeva la proroga del suddetto divieto al 31 dicembre 2021.
La Corte, richiamando la propria precedente giurisprudenza, ha affermato che la sospensione delle procedure esecutive deve costituire “un evento eccezionale, sorretto da un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto”. Nel caso di specie, la misura, sebbene “costituzionalmente tollerabile ab origine”, in quanto adottata nella fase iniziale e più acuta della pandemia che giustificava una sospensione indistinta e generalizzata dei pignoramenti al fine di agevolare la programmazione finanziaria degli enti sanitari, “è divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco”.
In particolare, si ritiene che la disposizione lede il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost., dal momento che il sacrificio delle ragioni creditorie si è protratto per un arco temporale non sufficientemente circoscritto, né tantomeno è stato controbilanciato da mezzi di tutela alternativa di carattere sostanziale. Al contempo, la misura ha determinato un’alterazione della “parità delle armi” tra parte pubblica e parte privata, incidendo altresì sulla ragionevole durata del processo esecutivo, con conseguente violazione dell’art. 111 Cost.
Autore: Dott.ssa Martina Rapone
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