In ambito di responsabilità medica, la Suprema Corte con la sentenza Cass. Pen. Sez. IV, sent. n. 392/2022, si è espressa sulla posizione di garanzia rivestita dal capo chirurgo dell’equipe operatoria nell’ambito della verifica del materiale impiegato per l’intervento.

1. Il caso

Il primo operatore dell’equipe chirurgica e l’infermiere della Sala Operatoria, venivano ritenuti responsabili del reato di cui all’art. 590 c.p. (lesioni personali colpose), perché cagionavano al paziente un ascesso retroperitoneale fistolizzato al colon, causato da una garza laparotomica dimenticata nell’addome, a seguito di intervento chirurgico di isteroannessiectomia radicale, da cui derivava una malattia con prognosi superiore ai quaranta giorni.

Il chirurgo, in qualità di primo operatore dell’equipe chirurgica che aveva proceduto all’intervento di isteroannessiectomia radicale, si riteneva non  responsabile posto che, da un lato, il compito di riconteggio delle garze, secondo le previsioni di cui alla Raccomandazione Ministeriale n. 2/2008 del Ministero della Salute, era affidato in modo esclusivo al personale infermieristico, dall’altro, il riconteggio aveva dato un esito di parità fra le garze introdotte e quelle estratte dal campo operatorio,  cosicché l’errore compiuto dal personale infermieristico non era riconoscibile e quindi non imponeva al chirurgo quelle attività previste dalla Raccomandazione per l’ipotesi di discordanza del riconteggio.

2. Il rapporto fra infermiere e medico secondo le Raccomandazioni del Ministero.

Il rapporto fra medico e infermiere sì esprime in termini di collaborazione nell’ambito delle rispettive sfere di competenza e non di subordinazione, con conseguente assunzione di una specifica ed autonoma posizione di garanzia da parte dell’infermiere in ordine alla salvaguardia della salute del paziente, il cui limite è l’atto medico in sé.

La Raccomandazione del Ministero della Salute n. 2 del 2008, “per la prevenzione all’interno del sito chirurgico di garze, strumenti o altro materiale chirurgico”, trova applicazione in tutte le sale operatorie per tutti gli operatori sanitari coinvolti nelle attività chirurgiche.

Si tratta di previsioni indirizzate a formalizzare il controllo del campo operatorio, così da evitare eventi avversi dovuti da difetti di ispezione finale, facilitando l’emersione della mancata corrispondenza fra il materiale utilizzato e quello estratto.

Secondo la Raccomandazione, “il conteggio ed il controllo dello strumentario deve essere effettuato dal personale infermieristico (strumentista, infermiere di sala) o da operatori di supporto, preposti all’attività di conteggio. Mentre II chirurgo verifica che il conteggio sia stato eseguito e che il totale di garze utilizzate e rimanenti corrisponda a quello delle garze ricevute prima e durante l’intervento”

Al chirurgo, quindi, compete di assicurarsi con certezza dell’assenza di ritenzione interna al sito chirurgico di garze o strumenti, prima di procedere alla sua chiusura. Siffatto onere non consiste solo nel mero controllo formale dell’operato altrui, ovverosia nel controllo dell’esecuzione del conteggio affidato all’infermiere e del risultato di parità, ma attiene ad un dovere proprio del chirurgo di evitare, il prodursi di un evento avverso connesso alla ritenzione di materiale nel corpo del paziente, derivante dalla posizione di garanzia che egli assume con l’atto operatorio.

Nel quadro della collaborazione continua fra i componenti dell’equipe spicca il ruolo del soggetto che la coordina e che assume il compito di guida del lavoro collettivo, al quale compete sempre non solo il dovere di dirigere l’azione operatoria e di farla convergere verso il fine per il quale viene intrapresa, ma quello di costante e diligente vigilanza sul progredire dell’operazione e dei rischi ad essa connessi.

La ripartizione del lavoro di controllo è  rivolta ad assicurare un fattore di sicurezza ulteriore, che integra e non sostituisce, il dovere di diligenza di colui che è tenuto a coordinare il gruppo ed a vigilare su ciascuna delle attività che i membri dell’equipe pongono in essere. Infatti, “il principio di affidamento non trova applicazione nei confronti della figura de capo equipe” e ciò vuol dire ricondurre il controllo finale del campo operatorio alla diligenza che l’ordinamento rimette al capo equipe.

E’ per questa ragione che, “a fronte di una conta affidata in modo autonomo al personale infermieristico, che vi deve provvedere con le modalità, prescritte dalla Raccomandazione citata e deve sottoscrivere la relativa scheda infermieristica, il chirurgo, benché non tenuto a procedervi direttamente insieme con gli infermieri, deve non solo accertarsi che il riconteggio sia stato effettuato ed abbia dato un risultato di parità, ma compiere una verifica finale del campo operatorio, che consenta la sua chiusura in sicurezza, posto che il risultato di parità, pur significativo indice dello sgombro del sito chirurgico, non cautela l’errore di calcolo nell’introduzione delle garze e degli strumenti operatori, né l’eventuale frammentazione delle prime nel corso dell’intervento, il cui verificarsi conduce agli stessi, risultati che, i protocolli mirano ad evitare…..”

3. La Cassazione

La Cassazione, Sez. IV, Sent., 11-01-2022, n. 392, ritiene quindi che non è corretto affermare, come fa il ricorrente, che al chirurgo spetta unicamente constatare l’avvenuto conteggio e ricevere la relativa scheda infermieristica, dandone atto nella check list da lui sottoscritta. Al contrario, proprio partendo dalla descrizione delle attività svolte e riportate dal medico, si rileva come il controllo finale dei sito chirurgico è mancato al termine dell’intervento, violando una norma cautelare prescritta per il capo equipe.

Proprio la violazione di una norma precauzionale porta a non reputare “lieve” l’omissione di controllo del medico che non è stata accompagnata al rispetto delle linee guida e delle buone pratiche. In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale del capo dell’equipe chirurgica per aver omesso l’ispezione del sito chirurgico prima di provvedere alla saturazione dei tessuti. Ciò in virtù del dovere di diligenza cui è tenuto il chirurgo nell’esecuzione di un intervento dall’inizio alla sua conclusione.

Autore: Avv. Martina Rapone

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